Eureka Previdenza

Cumulo pensione-redditi da lavoro

Definizione di lavoro autonomo e redditi da dichiarare

Per quanto riguarda l'individuazione del reddito da lavoro autonomo, stante la genericità del disposto legislativo che ha previsto la rilevanza di tale reddito ai fini del cumulo con i trattamenti pensionistici (art. 10 del D.Lgs.30/12/1992, n. 503), debbono essere presi in considerazione tutti i redditi comunque ricollegabili ad un'attività di lavoro svolta senza vincolo di subordinazione.
Rientrano pertanto nel regime di limitazioni al cumulo introdotto dall'art. 10 del D.Lgs.30/12/1992, n. 503 in parola, non solo i redditi prodotti dai coltivatori diretti, mezzadri e coloni, dagli artigiani e dagli esercenti attività commerciali, iscritti alle particolari gestioni previdenziali amministrate dall'Istituto, ma anche ogni altro reddito da lavoro autonomo, indipendentemente dalle modalità di dichiarazione a fini fiscali (circolare n. 91 del 31 marzo 1995).

Cumulo pensione-redditi da lavoro

Definizione di lavoro autonomo e redditi da dichiarare

Per quanto riguarda l'individuazione del reddito da lavoro autonomo, stante la genericità del disposto legislativo che ha previsto la rilevanza di tale reddito ai fini del cumulo con i trattamenti pensionistici (art. 10 del D.Lgs.30/12/1992, n. 503), debbono essere presi in considerazione tutti i redditi comunque ricollegabili ad un'attività di lavoro svolta senza vincolo di subordinazione.
Rientrano pertanto nel regime di limitazioni al cumulo introdotto dall'art. 10 del D.Lgs.30/12/1992, n. 503 in parola, non solo i redditi prodotti dai coltivatori diretti, mezzadri e coloni, dagli artigiani e dagli esercenti attività commerciali, iscritti alle particolari gestioni previdenziali amministrate dall'Istituto, ma anche ogni altro reddito da lavoro autonomo, indipendentemente dalle modalità di dichiarazione a fini fiscali (circolare n. 91 del 31 marzo 1995).

Redditi da lavoro autonomo

Devono considerarsi, ai predetti fini, redditi da lavoro autonomo:

  • i redditi di impresa connessi ad attività di lavoro;
  • i compensi percepiti per l'esercizio di arti e professioni;
  • i redditi prodotti dai titolari di rapporti di collaborazione continuativa e coordinata.Tali redditi debbono continuare ad essere valutati come redditi da lavoro autonomo ai fini del cumulo con i trattamenti pensionistici indipendentemente dalla innovazione introdotta dall’art. 34 della legge 21/11/2000, n. 342 che li ha ricompresi, per quanto concerne il trattamento fiscale, nei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’art. 47 del Tuir, approvato con D.P.R. 22/12/1986, n. 917 (circolare n. 20 del 26 gennaio 2001, punto 7);
  • i compensi percepiti per gli altri rapporti di collaborazione, quali quelli derivanti dagli uffici di amministratore, sindaco e revisore di società ed enti, dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, dalle attività relative ad incarichi di presidente di enti o associazioni, di componente dei rispettivi consigli o comitati, ecc..
  • le indennità percepite per gli incarichi di presidente e di membro di organi collegiali;
  • le partecipazioni agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione, nei casi in cui l'apporto è costituito dalla prestazione di lavoro;
  • i redditi derivanti dalla qualità di socio accomandante di società in accomandita semplice e di società in nome collettivo connessi ad attività di lavoro autonomo (messaggio n. 292 del 31 ottobre 2001);

Le indennità percepite dagli amministratori locali in applicazione dell’art. 82 del D.Lgs.18/08/2000, n. 267 Testo unico degli enti locali e, più in generale, tutte le indennità comunque connesse a cariche pubbliche elettive non devono essere considerate redditi da lavoro autonomo ai fini del cumulo con i trattamenti pensionistici. Quindi, non sono rilevanti ai fini del cumulo le indennità percepite dai presidenti e dai membri dei consigli regionali e quelle dei parlamentari nazionali ed europei (circolare n. 58 del 10 marzo 1998), nonché quelle relative alle cariche richiamate nei primi due commi dell’art. 82 del D.Lgs.18/08/2000, n. 267 Testo unico degli enti locali (messaggio n. 340 del 29 settembre 2003).

Redditi da dichiarare

REDDITI DA DICHIARARE (vedi rilevanza 12)
I redditi da lavoro autonomo devono essere dichiarati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali e a lordo delle ritenute erariali.
Il reddito d’impresa deve essere dichiarato al netto anche delle eventuali perdite deducibili imputabili all’anno di riferimento del reddito.
Il reddito da lavoro autonomo dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni deve essere individuato nel reddito agrario, indipendentemente dalle modalità con cui tale reddito viene dichiarato ai fini fiscali (messaggio n. 59 del 12 marzo 1997).
Dal reddito agrario può essere dedotta la contribuzione versata all’Istituto per costituire la propria posizione previdenziale ed assistenziale, ferma restando, in ogni caso, l’indeducibilità della parte di contributi che si riferisce ai lavoratori dipendenti (messaggio n. 14211 del 24 giugno 1997).
Il reddito così individuato deve essere ripartito dal capo famiglia, con apposita dichiarazione di responsabilità, tra i componenti il nucleo familiare in relazione alla quantità e qualità del lavoro svolto da ciascuno. Le quote complessivamente attribuite ai componenti il nucleo familiare non possono comunque superare il 49% del reddito, restando in tal modo attribuito al titolare dell’azienda almeno il 51% del reddito.
Tali indicazioni recepiscono il criterio stabilito dall’art. 5, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22/12/1986, n. 917, per la ripartizione, ai fini fiscali, del reddito dell’impresa familiare costituita a norma dell’art. 230-bis del codice civile.
Nei casi di mancata costituzione dell’impresa familiare, la ripartizione del reddito tra le unità attive del nucleo familiare iscritte alla gestione previdenziale dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, può essere effettuata in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, senza alcun vincolo in ordine all’ammontare della quota di reddito da riservare al capo famiglia titolare dell’azienda.
La dichiarazione di ripartizione del reddito da parte del titolare dell'azienda, richiesta ai fini fiscali per le imprese familiari, deve ritenersi non necessaria a corredo della dichiarazione individuale, in quanto la dichiarazione rilasciata dal singolo componente del nucleo è sufficiente ad attestare l'ammontare dei redditi conseguiti negli anni di interesse (messaggio n. 9333 del 15 maggio 1997).
Per quanto riguarda, infine, il reddito da lavoro autonomo degli artigiani e degli esercenti attività commerciali deve essere individuato nel reddito di impresa dichiarato ai fini IRPEF, al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Qualora ai fini fiscali l’intero reddito sia attribuito al titolare, ai fini del regime di incumulabilità della pensione il titolare dell'impresa artigiana o commerciale deve indicare la quota di pertinenza di ciascun coadiuvante o coadiutore, in relazione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Il complesso delle quote dei collaboratori non può comunque superare il 49% del reddito di impresa (messaggio n. 59 del 12 marzo 1997).
Anche per tali assicurati valgono i criteri enunciati con riferimento agli iscritti alla gestione dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni sia per quanto concerne la validità della sola dichiarazione reddituale resa dal singolo componente senza che si renda necessaria la dichiarazione di ripartizione da parte del titolare (messaggio n. 9333 del 15 maggio 1997).

Twitter Facebook