Eureka Previdenza

Cumulo pensione-redditi da lavoro

Pensione di vecchiaia liquidata nel sistema retributivo o misto

Normativa introdotta dall’articolo 72 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 al primo e secondo comma a decorrere dal 1° gennaio 2001

L'articolo 72 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 al primo e secondo comma dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2001 le pensioni di vecchiaia a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e delle forme di previdenza esonerative, esclusive, sostitutive della medesima e delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente, indipendentemente dall’anzianità contributiva utilizzata per il riconoscimento e la liquidazione della prestazione.
A partire dalle quote di pensione in pagamento dal 1°gennaio 2001, sono pertanto interamente cumulabili con i redditi in parola anche le pensioni di vecchiaia con decorrenza anteriore.
Nulla è innovato per quanto riguarda il requisito della cessazione del rapporto di lavoro dipendente, richiesto per il diritto alla pensione di vecchiaia dall’articolo 1, comma 7, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503. Per poter conseguire la pensione di vecchiaia i lavoratori dipendenti devono quindi risolvere il rapporto di lavoro.

Cumulo pensione-redditi da lavoro

Pensione di vecchiaia liquidata nel sistema retributivo o misto

Normativa introdotta dall’articolo 72 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 al primo e secondo comma a decorrere dal 1° gennaio 2001

L'articolo 72 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 al primo e secondo comma dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2001 le pensioni di vecchiaia a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e delle forme di previdenza esonerative, esclusive, sostitutive della medesima e delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente, indipendentemente dall’anzianità contributiva utilizzata per il riconoscimento e la liquidazione della prestazione.
A partire dalle quote di pensione in pagamento dal 1°gennaio 2001, sono pertanto interamente cumulabili con i redditi in parola anche le pensioni di vecchiaia con decorrenza anteriore.
Nulla è innovato per quanto riguarda il requisito della cessazione del rapporto di lavoro dipendente, richiesto per il diritto alla pensione di vecchiaia dall’articolo 1, comma 7, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503. Per poter conseguire la pensione di vecchiaia i lavoratori dipendenti devono quindi risolvere il rapporto di lavoro.

Normativa previgente alla legge 388/2000 per i redditi da lavoro dipendente

Normativa previgente alla legge 388/2000 per i Redditi da lavoro dipendente

Fino al 31/12/1993

  • la pensione di vecchiaia era incumulabile con i redditi da lavoro dipendente per la quota di pensione eccedente il trattamento minimo.

Dall'1/1/1994

  • la pensione di vecchiaia è incumulabile con i redditi da lavoro dipendente per la metà della quota di pensione eccedente il trattamento minimo.

Normativa previgente alla legge 388/2000 per i redditi da lavoro autonomo

Normativa previgente alla legge 388/2000 per i Redditi da lavoro autonomo
(vedi definizione di lavoro autonomo ai fini del cumulo)

Decorrenze fino al 31/12/1994

  • Nei confronti dei titolari di pensione di vecchiaia con decorrenza compresa entro il 31 dicembre 1994 e dei lavoratori che entro tale data hanno perfezionato i requisiti contributivi minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia, trova applicazione il regime di totale cumulabilità della pensione con i redditi da lavoro autonomo previsto dall’art. 10, comma 8 del D.Lgs. 30/12/1992, n.503, come modificato dall’art 11, comma 10  della legge 24/12/1993, n. 537 (circolare n. 91 del 31 marzo 1995, punto 5);

Decorrenze dall'1/01/1995 al 31 dicembre 2000

  • La pensione di vecchiaia è incumulabile con i redditi da lavoro autonomo per la metà della quota di pensione eccedente il trattamento minimo. Sono escluse le pensioni con decorrenza anteriore al 1/95 e quelle che, pur con decorrenza posteriore o uguale al 1/95 possano far valere il requisito minimo per la pensione di vecchiaia al 31/12/1994.

Esclusioni dal divieto di cumulo per le pensioni di vecchiaia e le pensioni o assegni di invalidità

Esclusioni dal divieto di cumulo per le pensioni di vecchiaia e le pensioni o assegni di invalidità

L’articolo 10 del decreto n. 503 prevede talune esclusioni dal divieto di cumulo delle pensioni di vecchiaia e delle pensioni e assegni di invalidità con i redditi da lavoro.

Il divieto di cumulo con i redditi da lavoro dipendente o autonomo non opera nei seguenti casi (circolare n. 91 del 31 marzo 1995, punto 1.2):

  1. pensionati assunti con contratti di lavoro a termine di durata complessivamente non superiore a cinquanta giornate nell’anno solare (art. 10, comma 2, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503). L’esclusione è correlata soltanto alla durata complessiva nell’anno solare dei rapporti di lavoro instaurati sulla base di contratti a termine; in caso di superamento nel corso dell’anno delle cinquanta giornate di lavoro per effetto di più rapporti di lavoro a termine, l’esclusione dal divieto di cumulo non trova più applicazione e l’incumulabilità opera per la totalità delle giornate di lavoro effettuate (art. 10, comma 4, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503);
  2. titolari di pensione di vecchiaia dalla cui attività dipendente o autonoma deriva un reddito complessivo annuo, al netto dei trattamenti di famiglia e delle quote dovute per contributi previdenziali e assistenziali, non superiore all’importo annuo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (art. 10, comma 2, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503). L’esclusione prescinde dalla durata e dalla tipologia dell’attività lavorativa svolta, essendo correlata esclusivamente all’entità del lavoro prodotto;
  3. pensionati che svolgono la loro attività nell’ambito di programmi di reinserimento degli anziani in attività socialmente utili promosse da enti locali ed altre istituzioni pubbliche e private (art. 10, comma 5, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503);
  4. pensionati occupati in qualità di operai agricoli (art. 20, comma 5, del D.P.R. n. 488, e successive modificazioni);
  5. pensionati occupati in qualità di addetti ai servizi domestici e familiari (art. 20, comma 5, del D.P.R. n. 488, e successive modificazioni);
  6. pensionati occupati in qualità di agenti non di ruolo alle dipendenze delle Comunità europee da data anteriore al 1° febbraio 1991, a norma del regolamento n. 31(CEE), n. 11 (CEEA) dei Consigli, del 18 dicembre 1961, come modificato dal regolamento (CEE, EURATOM, CECA) n. 259 del Consiglio del 20 febbraio 1968, e successive modificazioni (art. 20, comma 6, del D.P.R. n. 488, come modificato dall’art. 7, comma 2, della legge n. 236 del 1993; circolare n. 558 R.C.V. del 3 aprile 1981);
  7. pensionati che svolgono la funzione di giudice di pace, per le indennità percepite per l’esercizio di tale funzione (comma 4-bis, aggiunto all’art. 33 della legge 21/11/1991, n.374, dalla legge 6 dicembre 1994, n.673);
  8. pensionati che svolgono la funzione di giudice onorario aggregato, per le indennità percepite per l’esercizio di tale funzione di cui all’art. 8 della legge 22/07/1997 n. 276 e successive modificazioni ed integrazioni (circolare n. 67 del 24 marzo 2000).
  9. i pensionati che svolgono funzioni connesse a cariche pubbliche elettive per tutte le indennità connesse a tali funzioni (indennità disciplinate dal D.Lgs. 18/08/2000, n. 267 Testo Unico degli Enti Locali, indennità per i presidenti e i membri dei consigli regionali, per i parlamentari nazionali ed europei, etc.). Dette indennità non devono essere considerate redditi da lavoro ai fini del cumulo con i trattamenti pensionistici (v. circolare n.58 del 10 marzo 1998 , punto 2.1)

Casi particolari sul cumulo pensione-lavoro

Casi particolari sul cumulo pensione-lavoro

  1. Il divieto di cumulo non si applica alla tredicesima rata di pensione, ad eccezione degli aumenti di perequazione in cifra fissa attribuiti a norma dell’art. 10 della legge 3/06/1975, n. 160, fatto comunque salvo l’importo di pensione corrispondente al trattamento minimo (art. 20, comma 6, del D.P.R. n. 488, e successive modificazioni; art. 16, comma 3, della legge 21/12/1978, n. 843).
  2. Ai fini dell’applicazione del divieto di cumulo, le pensioni e le retribuzioni si intendono al netto dei trattamenti di famiglia; dalle retribuzioni devono inoltre essere detratte le quote dovute per contributi previdenziali ed assistenziali (art. 20, comma 2, del D.P.R. n. 488, e successive modificazioni).
  3. Per i lavoratori assicurati sulla base di salari medi convenzionali ai fini del divieto di cumulo con la pensione deve essere presa in considerazione la retribuzione effettivamente percepita dal pensionato, al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali calcolati sulla retribuzione convenzionale. Per il computo delle giornate per le quali deve essere operata la trattenuta, si deve fare riferimento alle giornate comunque retribuite nel corso di ciascun mese e non al periodo di occupazione media mensile convenzionale.
  4. Le disposizioni di materia di cumulo si applicano anche alle pensioni dell’assicurazione generale obbligatoria sulle quali è esercitato il diritto di sostituzione in qualsiasi forma da parte di fondi obbligatori di previdenza gestiti dall’Istituto (art. 20, comma 3, del D.P.R. n. 488, e successive modificazioni). Nei casi in cui sulle pensioni liquidate a carico dell’assicurazione generale obbligatoria è esercitato il diritto di sostituzione o rivalsa da parte di amministrazioni dello Stato e di enti locali, il divieto di cumulo trova applicazione limitatamente alla quota di pertinenza del titolare (art. 20, comma 4, del D.P.R. n. 488, e successive modificazioni).
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