Le Unioni civili
Le unioni civili sono definite “specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione” e sono costituite, in assenza di cause impeditive di cui all’art. 1, comma 4, da “due persone maggiorenni dello stesso sesso… (omissis) … mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni”.
Risultano di specifico interesse, nell’ambito dell’individuazione dell’obbligo contributivo nelle gestioni autonome, il comma 13 ed il comma 20.
Quest’ultimo prevede che, in materia di Unioni civili, “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché' negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché' alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184”.
Pertanto, qualsiasi disposizione normativa, regolamentare o amministrativa, oltreché tutte le disposizioni del codice civile espressamente richiamate dalla legge n. 76/16, che contengano la parola “coniuge”, devono intendersi riferite anche ad ognuna delle parti dell’Unione civile.
Lo status di coniuge rileva ai fini dell’individuazione dei soggetti che svolgono attività lavorativa in qualità di collaboratori del titolare d’impresa o, se l’impresa assume forma societaria, di uno dei titolari.
Infatti, nell’ambito della gestione previdenziale degli artigiani, l’art. 2, comma 2, n. 1) della legge n. 463/1959 e s.m.i., che estende l’assicurazione previdenziale per gli artigiani ai “familiari coadiuvanti”, indica “il coniuge”; di contenuto analogo, l’art. 2 comma 1 della legge n. 613/1966 e s.m.i., che annovera tra i soggetti obbligati all’iscrizione alla gestione degli esercenti attività commerciali i “familiari coadiutori”, tra cui “il coniuge”.
La suddetta equiparazione tra il coniuge ed ognuna delle parti dell’Unione civile comporta la necessità di estendere le tutele previdenziali in vigore per gli esercenti attività autonoma anche ai coadiuvanti uniti al titolare da un rapporto di unione civile, registrato ai sensi di legge e comprovato da una dichiarazione sostitutiva della dichiarazione di cui all’art. 1, comma 9 della legge n. 76/2016 e all’art. 7 del DPCM n. 144/2016.
Ne deriva che, in sede di comunicazioni di eventi che il titolare è tenuto ad effettuare mediante il sistema ComUnica, introdotto dalla legge n. 40/07 ed in vigore a partire dal 1/4/2010, egli potrà indicare come proprio collaboratore colui al quale è unito civilmente, identificandolo, nel campo relativo al rapporto di parentela, quale coniuge.
Per quanto attiene al regime patrimoniale applicabile alle Unioni civili, il comma 13 della legge in questione considera applicabili, tra le altre, anche le disposizioni di cui alla sezione VI, del capo VI, del titolo VI, del libro I del codice civile.
In tale ambito rientra l’art. 230 bis c.c., che disciplina l’impresa familiare e i diritti ed obblighi dei relativi partecipanti.
La disposizione precisa che tra i familiari di cui essa assicura la tutela rientra il coniuge.
Pertanto, anche con riferimento al campo di applicazione dell’istituto dell’impresa familiare, deve intendersi che il soggetto unito civilmente al titolare dell’impresa familiare deve essere equiparato al coniuge, con tutti i conseguenti diritti ed obblighi di natura fiscale e previdenziale.